Non sei abbastanza, dice una voce dentro la mia testa.
Non sei abbastanza. Non lo sei stata mai. Mai lo sarai.
Lo dice così forte che finisco per crederle, a volte. E fa male.
Non sei abbastanza bella, non sei abbastanza intelligente, non sei abbastanza accomodante. Certamente non sei una brava madre, ovviamente non una brava compagna.
Poi, mi fermo, in silenzio. Ascolto la pioggia che cade, guardo il sole che sorge, ogni mattina uguale e ogni mattina diverso. Sorrido. Lascio che le lacrime scendano sul mio volto. Sorrido di nuovo.
È vero, sai? Non sono abbastanza, rispondo a me stessa. Perché alla fine abbastanza non vuole dire niente. Abbastanza per chi? Abbastanza perché?
Io sono io. E basta. Con le paure, le insicurezze, le crepe che abitano il mio cuore e mi rendono umana.
Sorrido, mi guardo allo specchio. Non sono bella, è vero, ma mi piaccio lo stesso. E poi, bella per chi? Chiedo a quella voce interiore che non mi dà tregua.
Non lo sa nemmeno lei, forse. Rido di me. Mi abbraccio forte.
Mi rendo conto che in questo mondo che ci vuole perfetti, impeccabili e invincibili, sto facendo della finitezza, della fragilità e delle cicatrici qualcosa da mostrare con orgoglio. Come una bandiera da sventolare perché gli altri la possano vedere bene questa mia umanità imperfetta.
Lasciatemi le crepe, le cicatrici. I dubbi, i rimorsi, i rimpianti. Le corse sotto la pioggia, gli errori tutti. Le paure, maledette e benedette al tempo stesso.
I fiori, le piante. Il mare in tempesta, il cielo azzurro, le rondini. La musica cantata a squarciagola, il caldo nel letto in una notte gelida. Il dire no e poi sì. Le paranoie, le sfide, le volte che – grazie al cielo e grazie a me – riesco a dire come sto. I libri sul comodino in una pila che non finirà mai, l’imbarazzo, la timidezza, il coraggio. Chiedere aiuto, offrire il mio. Scegliere di andare via, o di restare. O di andare e tornare, ma scegliere.
L’amore che sento tutto, tutti i giorni. E la vita. Imperfetta e meravigliosa.
In questa epoca dove perdere, cadere, fallire, scendere dal treno che sfreccia a una corsa folle è considerato sbagliato.
Allora io sbaglio. E sono felice. Felice di sbagliare. E meravigliosamente incompiuta. Anche se, a volte, vorrei essere anche io un cerchio, perfetto e chiuso. E invece. Invece sono questo groviglio qui di emozioni, pensieri, dubbi e amori. E errori.
E sì, questo è un elogio dell’imperfezione. E, mi sa, anche della felicità dell’imperfezione.
Non preoccupatevi,
non preoccupatevi se a 16 anni andate male a scuola,
non preoccupatevi se i vostri amici sanno già che cosa faranno nella loro vita e voi noi.
Preoccupatevi quando è qualcun altro a decidere per voi,
non preoccupatevi se fate un sacco di errori con gli amici, i genitori, con tutti,
preoccupatevi se vi sembra di non farne mai.Non preoccupatevi se non ci capite niente,
preoccupatevi se alla vostra età vi sembra di aver capito tutto,
non preoccupatevi se non vi sentite mai nel posto giusto.Preoccupatevi se non sapete riconoscere quando siete nel posto sbagliato.
Infine non preoccupatevi se non vi sentite perfetti,
perché la parola perfetti, in latino, significa chiusura, finito.
Non essere perfetti, semplicemente significa non essere ancora finiti,
se non siete perfetti significa che siete ancora vivi.Enrico Galiano