Le emozioni sono alla base e la base della Psicoterapia della Gestalt, ma prima di parlarvene voglio ricordare alcuni principi su cui si basa la Gestalt:
1) il concetto di figura/sfondo ovvero l’insopprimibile relazione organismo/ambiente.
Fritz Perls, fondatore della Psicoterapia della Gestalt, sostiene che l’uomo non percepisce le cose come elementi sconnessi, ma tende ad organizzarli e ad elaborarli come forme compiute e significative. Come una Gestalt appunto, dove l’insieme degli elementi forma un tutto che in qualche modo è di più della somma delle parti stesse.
Ovvero, ci sono eventi, persone, situazioni che assumono una posizione di primo piano nelle percezioni di una persona, mentre il resto degli elementi, dei fatti, delle persone recedono sullo sfondo, hanno cioè meno importanza, non viene focalizzata l’attenzione su ciò che definiamo sfondo.
2) l’idea di omeostasi, parola difficile che indica la tendenza a mantenere e a conservare un equilibrio interno all’organismo.
L’omeostasi è anche il processo grazie al quale l’organismo soddisfa i propri bisogni. I bisogni creano uno squilibrio interno e ci portano ad elaborare un’azione per soddisfare il bisogno emerso e ritrovare così uno stato di equilibrio.
Scrive Perls “La vita è caratterizzata da questo gioco costante di equilibrio e squilibrio all’interno dell’organismo”.
Il processo omeostatico è anche quel processo di autoregolazione mediante il quale l’individuo interagisce con l’ambiente. Sempre Perls evidenzia che, oltre ai bisogni fisiologici dell’uomo, esistono dei bisogni psicologici di contatto.
3) l’approccio olistico in continuum di consapevolezza. Perls pensa all’uomo come mente e corpo insieme.
Pensare, prestare attenzione, desiderare, volere e infine immaginare: sono processi mentali definiti da Perls come fantasia e che danno all’uomo la possibilità di riprodurre, di immaginare appunto, la realtà.
Qui un ruolo fondamentale viene svolto dall’assunzione di responsabilità e dalla creatività individuale.
4) il ruolo del contatto, al nostro interno e anche in relazione all’esterno, all’ambiente che ci circonda. Nel ciclo del contatto un ruolo fondamentale è attribuito a ognuna delle seguenti fasi: cosa sento, cosa voglio, cosa faccio, come sto dopo che l’ho fatto (così come definito da Paolo Quattrini).
“In questo modello è l’apparato sensoriale il primo ad essere sensibilizzato dall’incessante rapporto con l’ambiente esterno o interno che sia e a costituire la base di ogni conoscenza (sentire freddo, sete, ecc.). Per ovvie ragioni di sopravvivenza ognuno di noi è biologicamente attrezzato per privilegiare il rapporto con il mondo esterno e le richieste che da esso provengono (cit. Paolo Quattrini). Sono le difficoltà con il mondo che obbligano ad entrare in contatto ed essere consapevoli della lettura degli eventi emotivamente connotata e relata al qui ed ora, al contesto ed alla storia personale e, quindi, soggettiva/relativa. Nella Psicoterapia della Gestalt si immagina che per ognuno sia possibile integrare l’esistenza del mondo esterno ed il proprio vissuto, in modo assolutamente personale attraverso la creatività del dialogo.” (cit. Anna Ravenna)
Già negli anni ’20, gli psicologi della Gestalt avevano sottolineato che le sensazioni non possono essere separate né dall’oggetto del sentire né dalla coscienza di sentire, cioè il sentire di sentire.
“Ma l’essere nel mondo dell’uomo acquista valore solo attraverso la risonanza emozionale che trasforma ogni evento in esperienza vissuta e, quindi, in conoscenza conferendo all’esistenza un senso che solo il singolo individuo è in grado di attribuirle, senso inteso come significato che per ciascuno assume la propria esperienza e il mondo in cui questa si esprime.
Il senso non è mai già dato ma ogni volta conferito: ed è in questa accezione che la fenomenologia parla dell’uomo come di donatore di senso.
Punto saliente dell’approccio psicoterapeutico in ottica fenomenologica diviene allora la differenziazione fra fenomeno primario e fenomeno secondario o, potremmo dire, tra conoscenza conseguita attraverso il pensare e conoscenza conseguita attraverso il sentire, in sintesi la differenza tra teorie ed esperienze.” (cit. Anna Ravenna)
In questa modalità di apprendimento e per sentire appunto, un ruolo cruciale è svolto dalle emozioni che in Gestalt sono individuate in:
- rabbia;
- paura;
- tristezza/dolore;
- gioia/piacere.
È su queste emozioni di base che si sviluppa il sentire e di conseguenza il percepire e l’agire dell’essere umano.
Nella Gestalt ogni emozione ha diritto di esistere, non ci sono emozioni buone o emozioni cattive, ciò che è, è.
Finalità di una psicoterapia della Gestalt è quindi tornare a sentire, a fidarci di quel che sentiamo e ad agire di conseguenza, esprimendo le nostre emozioni, non agendole, ma appunto esprimendole.
“ Il sentire è dunque un fenomeno complesso e, quindi, non privo di problematicità. Sensazioni e emozioni nel loro complesso intrecciarsi, nella loro copresenza spesso contraddittoria sono il sale della vita: non c’è senso senza il sentire.” (cit. Anna Ravenna)
E come dice Paolo Quattrini tra il sentire e il fare qualcosa di quello che si sente c’è di mezzo il libero arbitrio.
“In Gestalt si distinguono comportamenti automatici funzionali (es. camminare) e disfunzionali ovvero gestalt fisse che sono comportamenti cristallizzati non più adeguati al contesto di vita attuale.
Ogni comportamento si fonda sulla personale lettura del contesto e, in ottica gestaltica, il mondo emozionale gioca un ruolo fondamentale su questa lettura. È la modalità di gestione del vissuto personale, quindi del proprio sentire, che spinge gli individui a muoversi in una direzione piuttosto che in un’altra: gestire la paura di fronte ad un pericolo può esitare nella paralisi, nella fuga o in un atto eroico che altro non è se non un agire con paura. È proprio questo il livello in cui lavora lo psicoterapeuta della Gestalt: il setting appare allora come un nuovo contesto esperienziale con nuove possibilità espressive con funzione di nuove conoscenze riequilibranti.” (cit. Anna Ravenna)
La psicoterapia della Gestalt fonda la sua visione del mondo sulla fenomenologia e si basa sul principio per cui il tutto è diverso dalla somma delle parti.
La teoria della Gestalt aggiunge alla base biologica delle emozioni, la nostra intenzionalità.
Cioè riconoscerle per quelle che sono, interessandoci non solo alla loro funzione legata alla sopravvivenza, ma anche a cosa vogliamo fare di tali emozioni interessandoci al complesso della nostra esperienza, tra sfondo e ciò che invece è per noi in figura, ovvero in primo piano.
Riconoscere che tutte le emozioni esistono e che hanno diritto ad esistere. Riconoscere ciò che si prova, non mediato dall’educazione, dalla società o da ciò che noi stessi pensiamo inaccettabile. Semplicemente diventare consapevoli e da lì partire per andare verso la realizzazione di quel che sentiamo e semplicemente siamo. Accettare è il primo passo del cambiamento.
Accettare che esistono tutte le emozioni, dal dolore più grande alla gioia più sfrenata. Dalla rabbia alla dolcezza e imparare a esprimerle per raggiungere i propri desideri.
Nessuno di noi è perfetto, ma ognuno di noi può essere vivo. Vivo nel sentire.
Fonti:
– Carlson N.R., Fisiologia del Comportamento, Piccin, Padova, 2014
– Articolo di Anna Ravenna: https://www.igf-gestalt.it/2013/06/sensazioni-ed-emozioni-basi-della-conoscenza-nel-lavoro-psicoterapeutico-secondo-il-modello-della-gestalt/
– Articolo: http://www.attualitainpsicologia.it/numeri-precedenti/13-attualit%C3%A0-in-psicologia-anno-2015,-numero-1-2/11-perls-e-il-s%C3%A9-nella-gestalt-di-sandro-papale.html
– Articolo: http://www.puntogestalt.it/site/editoriali/16-alberto-dea/21-le-emozioni-e-la-loro-funzione.html
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Attenzione che Perls era tedesco. Non si scrive Pearls!
Hai ragione Giulia, ho corretto dove avevo sbagliato. Grazie per essere passata per di qua.