Amore sano e amore patologico

Nella nostra vita l’amore è un tema centrale.
Sia per chi sta in una relazione di coppia, più o meno felice, sia per chi è single e si trova a cercarlo disperatamente o, forse, a evitarlo altrettanto disperatamente.

Abbiamo bisogno di amore. Fin da quando nasciamo e oltre, fino all’ultimo dei nostri respiri.

Ma cos’è l’amore? Se generazioni di filosofi, poeti e scrittori hanno provato a definirlo senza riuscirci mai del tutto, siamo certi che non ci riuscirò io.

Possiamo però dire che l’amore è un sentire, qualcosa che ci fa emozionare di fronte a una persona, sentire una benevolenza nei suoi confronti, un affetto.
Possiamo dire poi, che esistono tanti tipi di amore.
L’amore per il proprio compagno, per i figli, i genitori, gli amici, il nostro cane o gatto. L’amore per la natura, la cucina, la lettura, la musica, l’arte e tutto quello che ci piace.

Esiste, inoltre, troppo spesso dimenticato e forse il più difficile tra tutti, anche l’amore per Sé.

Ma quando un amore è sano e quando invece è patologico?
Searles parla di diverse fasi dell’amore (in questo caso di coppia, ma ben si adatta anche all’amore filiale, genitoriale, amicale ecc.) in cui si parte dall’illusione. L’altro è perfetto. Esattamente così com’è. Perfetto e stupendo e magnifico. Ci darà tutto quello che non ci hanno dato gli altri prima di lui/lei.

Poi segue la fase della delusione in cui ci rendiamo conto che l’altro non è come noi ce lo siamo immaginati e arriviamo così alla fase del disprezzo. Ci domandiamo “come ho fatto a innamorarmi? O a pensare che fosse così? Ho sbagliato tutto”. Dopo arriva la fase della disillusione in cui vedo chiaramente i suoi difetti e ne ho compassione. Compassione nel senso di patire insieme, come condivisione di una ferita e di comprensione profonda di quella ferita, con la voglia di costruire insieme attraverso l’accettazione, cioè, come a dire “Davvero mi piaci, vedo i tuoi difetti, ma ti amo lo stesso e comunque”. Anzi, forse di più.

L’amore sano quindi prevede degli aspetti fondamentali che raramente ci vengono raccontati nelle commedie romantiche e nei romanzi d’amore:

1) L’amore è ambivalente.
E l’altra faccia della medaglia dell’amore è sempre e solo l’odio.
L’amore coesiste con l’odio, ma è la tenerezza che prevale nell’amore.
Eppure. lo ridico, non esiste amore senza odio.
Già Catullo scriveva “Odio ed amo. Perché lo faccia, mi chiedi forse. Non lo so, ma sento che succede e mi struggo”. Lasciando lo struggimento ai poeti, a noi interessa imparare a tollerare questa ambivalenza verso la persona amata. Che a ben pensarci è un’ambivalenza anche rivolta a noi stessi. Quante volte infatti non ci piacciamo per niente? Ci odiamo addirittura? E quante, invece, ci amiamo? Ci vogliamo bene e proviamo a prenderci cura di noi stessi?

2) L’amore, poi, è individuazione all’interno di una relazione interdipendente.
In cui, quindi, nessuno dipende del tutto da nessuno, ma allo stesso tempo non siamo nemmeno del tutto indipendenti. Dipendiamo uno dall’altra e, allo stesso tempo, siamo indipendenti, all’interno di ciò che in Gestalt chiamiamo il contatto con l’altro.
In cui io sono io e tu sei tu e danziamo una danza d’amore, insieme, ma separati come individui. Bellissimo a dirsi, difficile a farsi.
In cui il contatto vero avviene, non quando siamo fusi come nel periodo dell’innamoramento, ma avviene là, al confine del contatto, nello spazio vuoto tra me e l’altro.
Come in una danza davvero, che per esprimersi ha necessità di una distanza tra me e l’altro, quindi di spazi vuoti e tempi e attese. Là, dove c’è la possibilità di un vuoto, esiste anche la possibilità di un incontro. E, quindi, di un amore.

3) L’amore è, anche e soprattutto, amore per sé stessi.
Non possiamo amare un altro, se prima non abbiamo fatto i conti con noi. Con le nostre paure, i nostri limiti. I dolori, i dubbi, le gioie. I desideri e i sogni. Per amare davvero senza dipendenza, ma in modo interdipendente, io devo essere certo di che cosa voglio e di chi sono.
Come a dire che il mio valore non può e non deve dipendere dall’amore di un’altra persona.
Io so quanto valgo, anche se tu non mi ami. O smetti di amarmi. Anche se ho il cuore spezzato, continuo a sapere quanto valgo. E questo valore, intrinseco e profondo di noi stessi, non può e non deve dipendere dall’amore di un altro.

4) L’altro va visto davvero, per quello che è.
Altrimenti rischiamo di guardare la nostra immagine riflessa in uno specchio distorto, attribuendo pensieri ed emozioni a chi ci sta di fronte. Dovremmo avere il coraggio di chiedere e di accettare la risposta che ci viene data. Questo è possibile solo laddove non ci sia più idealizzazione dell’altro e dove siamo disposti a guardare noi stessi per quello che siamo realmente: esseri umani pieni di crepe e limiti, proprio come tutti gli altri.
Nessuno è perfetto. Per fortuna, aggiungerei. Scrive Cohen “C’è una crepa in ogni cosa, ed è da lì che entra la luce”.

5) L’amore è un sentire, qualcosa che ci accade dentro, ma ognuno di noi lo esprime diversamente.
C’è chi lo fa a parole, scrivendo poesie o con lettere infuocate, c’è chi lo fa con i gesti, tipo cucinare o farci trovare la camicia stirata sempre. C’è poi chi lo esprime con il pensiero, chi desidera essere profondamente capito a livello emotivo, chi invece vuole ridere o fare l’amore.
Non esiste un solo modo e nessuno è più giusto degli altri.
Parlare di che cos’è che ci fa sentire amati e di come noi esprimiamo il nostro amore ci può aiutare
, nella coppia e nella vita.

L’amore può essere qualcosa di devastante, può ferirci a morte e spesso è confuso con le farfalle nello stomaco e la passione sfrenata. O anche con l’indisponibilità emotiva, di chi c’è e poi non c’è. O è confuso con il possesso e la gelosia.
Dovrebbero insegnarci da bambini e dovremmo poi ricordarcelo da adulti, che l’amore invece ha a che fare con la libertà e con il volere il bene dell’altro. Che l’altro sia felice, che segua i suoi sogni, che le mani siano aperte per lasciare che possa spiccare il volo e, poi, tornare.
Soprattutto dovrebbero dirci da bambini e dovremmo poi ricordarcelo da adulti, che l’amore ha a che fare con la reciprocità. Se non c’è reciprocità, allora non c’è amore.

L’amore è un sentimento bellissimo e difficilissimo.
Ci hanno detto che l’amore romantico dura tutta la vita e in parte è vero, non ci hanno detto però che per farlo durare serve impegno, dedizione e una scelta quotidiana.
La scelta di restare, invece che andare via di fronte alle difficoltà che, possiamo esserne certi, arriveranno anche nella più meravigliosa di tutte le storie d’amore.
Oppure, invece, scegliere di andare perché l’amore non è, sempre, eterno. L’amore finisce. A volte possiamo ricostruirlo, altre no.

Alla fine l’amore è un po’ come la vita. Con alti e bassi.
Momenti in cui tenere duro e altri in cui lasciare andare. E nessuno, a parte noi stessi, può sapere quale sia la scelta “giusta”. Perché, come scrive Erri De Luca “L’amore tra le creature è il re delle eccezioni e sta alla vita come l’eresia sta alle religioni.”

A ognuno, quindi, il suo amore. Re – eretico – di tutte le eccezioni.

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