Di Rimini e del mare

Una delle prime parole che ha imparato mio figlio è stata “llllloacqua” per indicare l’acqua. Non quella da bere, ma l’acqua del mare.

Quando cresci di fianco al mare, lo assapori ogni giorno o quasi, lo senti tuo.
Come nelle viscere. Senza via di scampo.

Al mare noi mangiamo sabbia a chili, costruiamo inattaccabili, fragili, castelli, sogniamo ad occhi aperti, facciamo l’amore o crediamo di farlo.

Al mare, d’estate, ci viviamo. Caotico e assolato, nascono amicizie e dissapori.
A volte ci vai di notte, quando il cielo è pieno di stelle e di luci al neon e pensi che in tutto quel nero rischi di morire.
Quando spunta il sole e tutto diventa chiaro e puoi respirare un’aria insolitamente tersa e silenziosa.
Ci vai d’inverno quando il mare è bianco. Bianco il mare, bianco il cielo e bianca anche la sabbia. Tutto come congelato, semplicemente lì ad aspettare.

Lo senti quando ti svegli la mattina e apri la finestra, quell’odore di pesce e sale.
Senti il rumore delle onde, l’unico capace di calmare i miei nervi scossi.
Lo vedi che luccica di mille accecanti riflessi, oppure nero quando è in tempesta e le onde fanno paura.
Vedi le barche che, lente, tornano a riva con quegli uomini che il mare lo vivono da dentro.

Il mare lo senti nelle ossa.
E’ per questo che anche se il nostro mare è brutto, sporco, maltrattato è, e resta, il nostro bellissimo mare. E senza, io, non potrei vivere.

 

2 comments to “Di Rimini e del mare”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *