A Reggio nell’Emilia ho scoperto che:
la metà dei miei lettori mi conosce di persona,
posso ancora stare sveglia fino alle 6.00 di mattina e sopravvivere a me stessa,
mi piace ancora bere, bere e bere ancora (mi perdonino gli alcolisti anonimi),
siamo una generazione dal sogno facile, non infranto.
C’è un muro tra noi trentenni e i nostri sogni, ma questi sogni li abbiamo accartocciati e legati stretti con un filo di spago, per lanciarli di là dal muro. E quanto è vero iddio, quel muro lo scavalcheremo.
Ho scoperto che a 30 anni non cambia niente.
Si ha ancora voglia di giocare con la vita e la vita, lei, non smette mai di avere voglia di giocare.
Che ho degli amici strampalati: una fa l’attrice, uno lavora per i rifugiati, un altro sta a London a fare il ricercatore. Una lavora in banca e vive di etica assoluta. Qualcuno farà cinema, qualcun altro ha comprato casa e l’ha fatta diventare un rifugio sicuro, un altro, per pigrizia, ha messo il parquet in tutta la casa compresi bagni e cucina e che gli unici due (tra cui io) che non hanno dato l’esame di informatica all’università sanno cos’è l’html.
Che si fanno ancora e sempre le stesse battute e gli stessi errori. Che esiste ancora un mondo fantastico visto dagli occhi di chi è miope.
A Reggio nell’Emilia ho scoperto che i negozi sono sempre gli stessi, i commessi sono sempre gli stessi, i bar sono sempre gli stessi. E la città è sempre implacabilmente deserta.
Ho scoperto che le feste si fanno ancora in casa, che l’unico bar aperto dopo le 4.00 di notte è il Godot, dove si fuma dentro e il giorno dopo ti puzzano i vestiti.
Che l’odore di Reggio non è cambiato, è quel misto di umido e letame, a me così caro.
In questa città tutto passa, ma è lei che resta immobile.
E ogni volta che ci torno sembra anche a me di essere rimasta immobile. Immobile a 20 anni, non male eh?