Lettera aperta (e anacronistica) di una femminista

Non so quando è successo, ma è successo. Un giorno ho capito di essere, irrimediabilmente, femminista.

Forse sarà stata colpa di mia madre che incinta di me ascoltava a tutto volume “Figlia” di Vecchioni. Forse è stato alle medie, quando tutte le mie compagne si preoccupavano del vestito da indossare l’ultimo dell’anno e io sognavo (che non avevo soldi per comprarlo) “Il Manifesto“, i cortei in piazza, i pantaloni a zampa e cantavo a squarciagola “trionfi la giustizia proletaria”.

560248_3565512829870_542208441_nForse è stato quando mi sono guardata allo specchio e ho visto che non ero come mi avrebbero voluto. Non ero alta, non ero snella, non ero bella.
O quando ho capito per la prima volta che in televisione le donne venivano, in un modo becero, rese mero oggetto del desiderio, esaudendo anche la loro (per me allora e tuttora incomprensibile) volontà.
O sarà stato quel corso intensivo sul femminismo sessantottino all’Università?

Non lo so, so solo che mi sono ritrovata così. Irriducibilmente femminista. E se avessi una figlia femmina le direi di non credere a questo modello vacuo, di una donna oggetto, bella solo per il suo corpo perfetto che, giuro, nel tempo non durerà.
Una donna di plastica, ritoccata mille e mille volte ancora, fino a non apparire più nemmeno di carne. Una donna che teme il tempo non ha vissuto davvero.

404829_2786345591176_753409846_nLe direi della libertà che si prova a non essere canonicamente belle. Che liberazione è poter avere un cervello pensante, dire ciò che si vuole. Che liberazione non avere l’abito perfetto per ogni occasione, il ridere sguaiatamente e farsi colare addosso il vino. Le direi che “essere contro” non significa essere volgare. Di rispettare il suo corpo. Non venderlo, nè svenderlo. Ma usarlo per piacere.

Le direi di godersi questa vita che, per il momento, una sappiamo di averne.
E di ridere. Ridere. E anche di fottersene e, soprattutto, di fotterli, quelli che pensano a una donna che donna, in fondo, non è.

Io, femminista fuori tempo massimo, dirò queste cose ai miei figli maschi. E spero che capiscano cos’è che conta per innamorarsi di una donna che li renda felici, felici davvero.

2 comments to “Lettera aperta (e anacronistica) di una femminista”
  1. Beh hai dalla tua una grande opportunità: quella di educare i tuoi figli maschi a staccarsi da questa visione donna/oggetto dei giorni d’oggi.

    È questa la sfida per le nuove generazioni: più uomini/maschi coscienti del VALORE delle donne non può che rendere questo misero mondo migliore…

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