Il sole splende, la serata di ieri è stata emozionante.
Sono circa due anni che sento un dolore al petto, lì dove ha sede il mio cuore, che non se ne va. Resta. Rimane con me, quasi sempre.
Prima era per un motivo, ora per un altro, ma questo dolore c’è. E non se ne vuole andare. Reclama a gran voce il suo diritto di restare. E io sto imparando ad accoglierlo, con delicatezza e cura. A dirgli “Ti sento e ti vedo, ci sei”. Lui, il dolore, in cambio, mi lascia vivere.
Mi lascia cogliere la meraviglia, inaspettata e diffusa, che mi circonda. Mi lascia guardare, con commozione, l’amore che ho intorno.
Oggi, quindi, sono grata. Piena di gratitudine.
Per questa mia vita sghemba, fatta di passi falsi, di cuore buttato in ogni dove, di silenzi con persone che amo, che non so nemmeno più perché ci sia questo silenzio tra noi.
Grata delle parole che mi accompagnano come un fiume, che trovano sbocco nel mare della scrittura, mia via di salvezza e fuga da me stessa e dal mio sembrare distante.
Sono piena di gratitudine per chi mi accoglie, per chi si lascia accogliere, per la fiducia che mi viene data.
Per chi mi confida un segreto, per chi mi regala una lacrima o un sogno. Per chi mi tiene le mani nel momento del bisogno. Per chi mi vede o mi ha vista, anche se solo per un piccolo istante. Per chi mi manda un messaggio per raccontarmi e per chi mi ascolta.
Grata per gli incontri sulla strada, a volte aprono il cuore, altre lo distruggono, ma è questa la vita. L’arte dell’incontro tra me e te e, anche, tra me e me.
Il dolore, ora che mi abita e non voglio più mandarlo via, mi permette di emozionarmi fino alle lacrime per le cose belle che sono sempre state lì, ma io non le vedevo.
Un albero in fiore, le rondini che, si sa, fanno la primavera, il cielo azzurro. Il bambino mai visto prima che mi guarda e sorride. Un signore anziano a passeggio col suo cane che fa un pezzo della sua strada con me e mi racconta della sua vita.
Un’amica speciale che mi dice “sei speciale”, chi mi dice “lo dico solo a te perché mi fido”, chi mi chiede come sto che gli interessa davvero. La musica a palla che ballare e stonare cantando a squarciagola è bellissimo. Gli abbracci stretti, i messaggi d’amore, gli sguardi della gente. Anche quelli che mi mancano di più. Le confidenze nel letto a luce spenta, il silenzio che precede l’alba, il mare impetuoso e il vento tra i capelli.
La città addormentata quando torni a casa tardi, il letto caldo, il caffè bollente. La vista dal mio ufficio, chi mi manca, ogni giorno di più e non torna, nonostante tutte le mie preghiere. Chi rimane, con me, anche se a volte è difficile. Io sono difficile.
Sono grata. Di tutto. Per tutto.
Scrivono su Una parola al giorno: “La gratitudine, proprio per la sua prospettiva priva di partite doppie, slanciata ma interiore, memore ma non troppo focalizzata sul discernimento — che anzi può essere vissuta in assoluto, senza che sia rivolta — si presenta come un piccolo, comune bastione di spiritualità. Il motore, celato o palese, spiegato o no, del nostro intimo celebrar cantando.
Da questa fonte prima (che porta anche la grazia e il grazioso, la gratulazione, il gratuito, il gradire, l’aggradare e il suo grado — e il grazie) scaturisce il mio essere grato a qualcuno per il sostegno che non mi ha fatto mancare, grato di poter passare un altro inverno insieme, o il modo in cui mi è grato il profumo che rientrando in casa sento già dalle scale, o quanto è per me grato l’incontro che non pensavo di fare”.
Proprio così. Sono grata.
Per ogni incontro sulla mia via e anche per ogni sbaglio, difficoltà, dubbio e dolore.
Senza, infatti, non sarei quella che sono oggi.
Piena di cicatrici e amore. E di vita, soprattutto piena di vita.