Il mio animo è tormentato. Le albe sono imperiose, le voci interiori spesso urlano, le lacrime sono amare e tutte le emozioni sono tanto intense, troppo intense.
La ricerca dell’equilibrio ha a che fare con il verbo infinito stare, restare. Fermi. Che eppure infinito non è e non può essere, perché sempre arriverà una spinta a portarmi via da quello che, credevo, fosse eterno.
Di quando mi sento brezza e non tempesta apprezzo il sorriso lieve, il respiro sommesso, le risate silenziose. Il contatto che riesco ad avere con me e con chi è davanti a me. La sensazione che comunque vada, va bene lo stesso. Che ho sbagliato sì, e sbaglierò ancora e ancora e ancora un’altra volta, ma che resterò viva, comunque.
Di quando mi sento brezza e non tempesta apprezzo il silenzio interiore, le voci si placano, non ci sono giudizi, ci sono io, qui, sola in mezzo a questo mare calmo. Dove il vento soffia lieve e scompiglia i capelli. Che siamo tutti più belli con i capelli spettinati.
La brezza rinfresca e rinfranca dalla fatica, dal dolore di quel che è stato. Per farla arrivare ho solo un modo, stare appoggiata sul sentire, farmi domande, cercare risposte. Aspettare momenti lunghissimi, correre il rischio, sostenere il confronto. Perdermi tra i meandri del cuore, credere che ne vale la pena e ricominciare da capo.
Per essere brezza mi serve il coraggio di chiedere scusa, di ridere di me, di fare un passo indietro. Poi uno avanti e, magari, anche uno di fianco. Mi serve non fuggire da quel che sento, tutto quel che sento. Che a volte è vento, a volte fa paura anche a me.
Sentire. Stare. Restare. Imparare che niente, alla fine proprio niente, si può controllare, se non sé stessi e quello che si sceglie.
Di quando sono brezza amo che riesco a guardare le persone negli occhi, accarezzarle sul braccio, sentire che ci siamo, insieme, qui, ora.
La tempesta, però, io lo so, è sempre dietro l’angolo. Perché il verbo restare non è all’infinito. E, alla fine di tutto, va bene così. Assolutamente bene così.
Quello che resta.
Abbiamo passato momenti
duri
ma poi
è uscito il sole
a darci felicità.
Noi siamo colline
e, piano piano,
ci abbassiamo.
Maestra,
il verbo restare
non è all’infinito.