La quarantena (o quarantina?) mi insegna che…

Ieri, mentre andavo in ufficio, il cielo era coperto di nuvole.
Grigie, bianche e, dietro di loro, il cielo di un azzurro abbagliante.
Poi ha cominciato a piovere, ma intanto il sole splendeva forte.
Era caldo, ma la pioggia sulle gambe e sulle mani era fredda.

Insomma, una gran confusione.
Un gran mischione.

E mentre mi godevo tutte queste sensazioni ho pensato: “Ecco, la quarantena, il covid, tutta questa storia è proprio così.”
Un attimo ridi, poco dopo piangi disperata.
A volte mi preoccupo di tutto, altre guardo al futuro con speranza.
Raramente sono di una dolcezza estrema, più spesso mi rendo conto di essere severa. Troppo severa. Con me stessa e con gli altri.

Ma questa quarantena (o forse, chissà, la quarantina che si avvicina) mi sta insegnando doni preziosi e rari:

  1. La tolleranza.
    Verso gli altri e verso me stessa. Tollerare non significa accettare supinamente, ma nemmeno combattere contro i mulini a vento.
    Significa tollerare le proprie mancanze e debolezze e quindi, poter tollerare anche quelle altrui. Che nessuno è perfetto o senza peccato.
  2. La fiducia.
    Io mi fido. Io voglio fidarmi. Del genere umano. Del mio vicino. Del salumiere. Io ho bisogno di fidarmi perché se no il sistema sociale crolla. Io mi fido di te e penso che sarai responsabile, tu ti fidi di me?
  3. La pazienza.
    In questa situazione in cui non posso “governare” niente se non me stessa, imparo la pazienza.
    La pazienza dell’attesa che non è rassegnazione, ma è saper aspettare il momento “giusto”. Il momento in cui si potrà uscire, ballare, abbracciarsi stretti. E soprattutto, la pazienza di preoccuparsi solo per ciò che è sicuro e non per chissà quale ipotesi futura.
  4. L’ottimismo.
    L’ottimismo sì. In quest’epoca di grandi incertezze, di paure fondate e infondate, per me e per i miei figli, io coltivo l’ottimismo.
    Non quello di “andrà tutto bene”, perché non lo sappiamo mica se davvero andrà tutto bene, ma quello del “ce la faremo”. Ce la faremo. Non so come, non so quando, non so quante saranno le difficoltà, ma so che ce la faremo. Ce la faremo.
  5. La presenza a me stessa nel qui e ora.
    Io sono io. E sono qui. Ora. Non so come sarà il mio futuro, il nostro futuro. Non so se potremo tornare alla vita di prima, anzi temo proprio di no. Ma ora siamo qui. Siamo vivi, nonostante tutto. Ci siamo. E ci sono le persone che amiamo. E, in fondo, tutto quello che abbiamo è solo questo. Questo qui e ora e, sinceramente, non mi sembra poco.
  6. Accettare la tristezza.
    Accettare di essere triste, terribilmente triste. Piangere a volte, disperarsi e, poi, rassicurarsi.
    La tristezza non è poi così male. Se vissuta a pieno ha dei colori affascinanti. La tristezza è blu scuro, viola opaco, verde bottiglia.

    È la tristezza della solitudine e dell’impossibilità. Del tempo che scorre e della primavera che non abbiamo vissuto.
    Degli abbracci mancati e mancanti. Di quel che era e non sarà più.
    La tristezza è la malinconia, la paura e la nostalgia. L’incertezza del futuro e la consapevolezza che non potrò mai proteggere i miei figli da tutto
    .

    Perché questo tutto, alla fine, è la vita.

Questo mi sta insegnando questa quarantena.
A deporre le armi.
A arrendermi a ciò che non posso governare e controllare. Senza però, perdere me stessa e il piacere del vivere.

Chissà, forse è la quarantina o forse è la quarantena…

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